Canzoni per chi non si sente del tutto a posto nel mondo, per chi si sente sempre un po’strano e straniero, per chi, “eremita socievole”, oscilla tra il desiderio di partecipare, di esserci e quello di chiamarsi fuori da tutto ma alla fine cerca di costruire comunque il suo posto nel mondo. Le canzoni del nuovo disco “L’eremita” di Cristina Nico sono un viaggio alla ricerca di questa consapevolezza, che si apre con il disin-canto iniziale per arrivare alla presa di coscienza che tutti abbiamo bisogno degli altri, tutti siamo chiamati in causa perché la Storia prima o poi ci viene a cercare, perché le nostre esistenze di individui sono indissolubilmente legate a quelle degli altri, anche se ognuno deve fare un percorso che è suo e suo soltanto, per non essere inghiottito dalla confusione né farsi attirare dal Nulla, dal vuoto di senso e di responsabilità. Ma non ci sono ricette, risposte definitive: Nico gioca e riflette per tutto il disco su concetti opposti, in particolare su quelli di strano/normale e dentro/fuori e l’unica risposta che sembra plausibilmente venir fuori, è quella che le cose sono molto più mescolate, complesse, aggrovigliate di come appaiono e la maggior parte dei significati dati a queste polarità vanno continuamente rinegoziati.

La vincitrice della decima edizione del prestigioso Premio Bindi 2014 (con la ballade “Le Creature degli Abissi”), abbandona presto l‘idea iniziale per lasciare spazio alla convinzione che all‘interno dell‘album si dovesse respirare un senso di ‘urgenza‘, più che un disegno pretenzioso. Di quel concept è rimasta ampia traccia nel disco: la stessa title track - Mandibole - rimanda alla bulimia della nostra società, che inghiotte e vomita, che produce in continuazione, mastica e sputa fuori una quantità di informazioni che non possono, però, sostituire il bisogno di reale comunione con gli altri. Testi poetici quanto diretti, malinconia ma anche una vena ironica e a tratti surreale, un’attitudine da rockeuse mai rinnegata: queste alcune delle caratteristiche della musica e della poetica di Cristina Nico.

Sarà la OrangeHomeRecords di Raffele Abbate (nel catalogo anche Paolo Saporiti e Sabrina Napoleone, tra gli altri) a pubblicare questo che rappresenta il primo lavoro di lungo respiro per l‘artista genovese, che per l‘occasione si avvale della produzione artistica di Tristan Martinelli.

«Le mandibole sono un accessorio meccanico, che ci collega al resto del mondo animale, al bisogno di mordere, nutrirsi, lacerare, vomitare, urlare. Le mandibole sono un tramite.

“Mandibole” è un disco intimo e a allo stesso tempo corale, meditato, masticato e digerito a lungo ma anche urgente. “Mandibole” è movimento di mascelle che scandiscono ossessioni interiori e bla-bla collettivi, che si cibano di tutto e tutto risputano fuori» .

“All’inizio volevo fare un concept album...sulla pausa-pranzo. O meglio, sulle visioni di un commesso viaggiatore-artista che solo nel risicato spazio della pausa-pranzo poteva dare sfogo alle sue velleità creative e tra un boccone e l’altro tirava giù gli appunti per un’opera surreale sulla nutrizione”. Cristina Nico introduce così, in modo quasi ironico, la nascita del suo disco.

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CRISTINA NICO - MANDIBOLE

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CRISTINA NICO


La cantautrice genovese Cristina Nico, torna con il terzo album dopo ‘L’Eremita’ (2018). Un viaggio introspettivo che attraversa il conflitto con se stessi, gli istinti più profondi in cui dominano le pulsioni dell’Es - come nel singolo ‘La sola cosa che c’è’ - e il senso di perdita e tradimento. In “Cristina Nico”, l’autrice compie il passo successivo a quell’’eremitaggio sociale’ che aveva lasciato nel disco precedente, spingendosi fino alla ricerca del proprio posto nel mondo, a viso aperto e senza paure, l’accettazione di una parziale incomunicabilità e della complessità dei meccanismi amorosi.


La prima parte del disco si chiude non a caso con la marcia funebre di “The idiot not savant”, in cui si prende atto dell’essere parte del ciclo vita-morte di tutte le cose. Da qui in poi Nico si risveglia dai sogni cupi: nella parte finale del disco si respira un’atmosfera solare, si assiste ad un ricongiungimento con un Sé che la riporta ad uno sguardo quasi fanciullesco. Un viaggio che si scopre non una fine ma un rinnovato inizio, ricco di riferimenti letterari tutti da (ri)scoprire.

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